Naturisti, presto una spiaggia tutta per loro
la Nuova di Venezia — 12 giugno 2010 pagina
39 sezione: PROVINCIA
JESOLO. Nudi alla meta. Per le associazioni naturiste
d’Italia si apre il primo spiraglio verso un’area riservata alla laguna del
Mort tra Jesolo ed Eraclea. L’Anaa, associazione naturisti altoatesini sezione
di Treviso ha formulato una richiesta al sindaco Francesco Calzavara allegando
una delibera di un Comune della Toscana in cui l’area è stata legalmente
concessa. Il primo cittadino di Jesolo ha ormai quasi assunto la decisione e
presto, forse già a luglio, potrebbe nascere la prima spiaggia naturista dove
è possibile, senza infrangere la legge, prendere il sole completamente nudi.
Un salto verso il superamento dell’ultimo vero tabù sulla costa veneziana,
dove il naturismo non è mai stato tollerato, spesso sanzionato severamente,
lasciando però intere zone libere alla mercè di persone poco per bene che
avevano confuso la filosofia naturista del rispetto per la natura ed il
piacere di esporre tutta la pelle a sole, acqua, aria, oltre che sabbia, con
la volgarità se non addirittura la pornografia e la perversione. «La delibera
adottata da un Comune della Toscana - ha detto Calzavara - ci pare la strada
percorribile anche da noi per dare legalità a questo tipo di turismo che se
praticato nel rispetto delle leggi può diventare una nuova risorsa». Il
sindaco di Eraclea, Graziano Teso, in spiaggia preferisce andarci sempre in
costume da bagno, ma le sue vedute ampie e liberali hanno sempre evidenziato
il sostanziale sostegno alla possibilità di riservare una spiaggia naturista,
visto che il Mort gravita di fatto su Eraclea. E proprio lui aveva visto con
favore l’ultima iniziativa dell’Anaa, con Daniele Bertapelle, di pulire la
spiaggia dai rifiuti. Il primo sì entusiasta è del segretario del Movimento
per L’Italia Alessandro Perazzolo: «Non vedo lo scandalo e rispondo al
consigliere provinciale del Pdl Andrea Tomei, che si dice “allibito”, che il
naturismo non è riconosciuto dal punto di vista legislativo ancora in Italia,
ma non è vietato nel territorio come lo dimostra una sentenza numero 3557 del
2000 della Corte di Cassazione». - (Giovanni Cagnassi) /