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Naturismo e nudismo, vincono i tabù?

Il fenomeno è diffuso nei Paesi europei, conta centinaia di associazioni, e una decina in Italia. Non è subito da assolvere ma neppure da demonizzare.

12/08/2010

Il naturismo o, più comunemente detto, nudismo è un fenomeno diffuso nei Paesi europei, conta centinaia di associazioni, una decina in Italia riunite nella Federazione Naturista Italiana riconosciuta, con atto pubblico, nel 1997. La finalità è descritta nella definizione formulata, nel 1974, al 140 Congresso delle Federazioni Naturiste. «Il naturismo è un modo di vivere in armonia con la natura, caratterizzato dalla pratica della nudità in comune, allo scopo di favorire il rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente. Il naturismo è un movimento familiare, sano, educativo, naturale».

    A questa definizione, che ancora oggi è considerata ufficiale, si riferiscono le associazioni nudiste sia pure con particolari applicazioni, ad esempio, nel preferire l’accesso ai nuclei familiari piuttosto che ai singoli. Il movimento nudista è sorto come reazione a ogni forma di pensiero che, nel corso della storia, ha condotto a una concezione spregiativa del corpo umano, quasi realtà di cui vergognarsi e da nascondere. Al pensiero cristiano si attribuisce l’abbinamento del corpo con il sessuale-genitale e questo con il peccato.

    È una lettura sbrigativa e sommaria, tuttavia si può riconoscere che il pensiero tradizionale cristiano, anziché contrastare il dualismo neo-platonico e manicheo, che esalta l’anima e disprezza il corpo, si è lasciato condizionare e, così, si è prestato a trasmettere un’idea del corpo e della nudità del tutto negativa: occasione di peccato ed espressione di desiderio erotico. Nel restituire dignità al corpo e nel contrastarne la banalizzazione e mercificazione, la Chiesa cattolica, soprattutto a partire dal concilio Vaticano II, è in primo piano. In base alla parola di Dio, insegna che l’uomo e la donna non sono creati come puri spiriti, ma nell’unità inscindibile di corpo e anima.

    Rispettare la persona significa rispettarla nella sua dimensione spirituale-corporea. Il pudore non si fonda sul disprezzo del corpo ma sul suo valore. I nostri progenitori «erano nudi e non si vergognavano», ma dopo la rivendicazione di autonomia rispetto al Creatore, «s’accorsero di essere nudi e si coprirono». E questo non perché il corpo era diventato cattivo, ma era diventato disordinato il loro sguardo. Il pudore è un sentimento umano universale di difesa. Gli stessi nudisti lo sperimentano quando reagiscono a sguardi indiscreti, interessati ed erotici.

    I vari movimenti nella storia e, quindi, anche il nudismo, non sono subito da innocentizzare ma nemmeno da demonizzare, occorre un sufficiente senso critico per distinguere tra messaggi positivi da accogliere e limiti da neutralizzare. Se il movimento nudista contribuisce a vivere in armonia con la natura e a favorire l’incontro delle persone e dei semplici corpi, è un’esperienza positiva. Ci sono, tuttavia, enfatizzazioni che distolgono da una giusta valutazione.

    Anzitutto il proporsi come modalità quasi necessaria per arrivare a un rapporto di armonia del soggetto con il corpo proprio e altrui. È più giusto riconoscere che la pratica della nudità in comune è ambivalente: permettere incontro genuino con le persone, ma anche confermare una certa ossessione sul corpo nudo e, dopo assuefazione, su quello vestito. In ogni caso, non è necessario iscriversi ad associazioni nudiste per liberarsi da idee sbagliate o sensi di colpa infondati. Inoltre, la pratica della nudità è annunciata come incondizionato metodo educativo dei minori.

    È più esatto riconoscere che lo è a determinate condizioni, in concreto se le inevitabili domande del minore trovano una adeguata sana risposta, per esempio, la differenza tra comportamento privato e pubblico, le differenze anatomiche di genere, la dignità uguale dell’uomo e della donna, il senso del pudore, eccetera. Inoltre, desta sorpresa il frequente ricorso ad argomentazioni di tipo religioso (cattolico) per legittimare la pratica nudista in comune. Così si ricorda Gesù di Nazareth nudo al fiume Giordano per essere battezzato; nudo in croce. Oppure si narra di episodi di qualche santo, per esempio, a Francesco di Assisi che si denuda davanti a tutti e al padre. Ognuno di questi eventi ha una sua spiegazione che nulla ha a che vedere con la pratica nudista in comune né in termini di approvazione o disapprovazione.

    In conclusione, l’esperienza nudista è rispettabile ma, come ogni altra esperienza personale, non si presta a generalizzazioni o a chissà quale rimedio liberatorio. Si può essere naturisti per scelta libera e consapevole, come si può non esserlo, ma non per questo si è bigotti, proibizionisti o impositori di tabù o di pregiudizi vecchi a morire. È preferibile confrontare, senza dogmatismi e intolleranze, le rispettive scelte libere e responsabili di sé stessi e degli altri.

                                                                                                                                                 Luigi Lorenzetti